"Le 100 foto più belle": in edicola con National Geographic Italia il numero speciale che celebra l’arte della fotografia
National Geographic Italia celebra i suoi 25 anni con un numero speciale, in edicola con il magazine dal 5 giugno, che ci permette di ammirare 100 tra le fotografie più spettacolari del secolo.
Era Il 19 agosto 1839 quando, per la prima volta nella storia, gli occhi sbarrati di un incredulo pubblico parigino assistevano al miracolo della fotografia. La straordinaria invenzione era stata ideata tredici anni prima da Joseph Nicéphore Niépce. Grazie a lui, nacque la meravigliosa arte che, senza ombra di dubbio, per National Geographic ha sempre avuto un’enorme importanza. Sono infatti passati 130 anni da quando il magazine ha iniziato a raccontare attraverso scatti di altissima qualità il nostro mondo, dallo spettacolo della natura alla complessità delle connessioni umane.
Eppure, il destino della rivista è stato segnato da un’intuizione last minute: nel gennaio del 1905 fu l’editore Gilbert H. Grosvenor a decidere in fretta e furia di riempire le 11 pagine ancora bianche del numero in uscita con delle fotografie: si trattava del primo reportage fotografico del magazine. Da lì, gli abbonamenti passarono in poco tempo da 3.000 a quasi 20.000. Per questo, National Geographic Italia ha deciso di festeggiare i suoi 25 anni con un numero speciale in cui raccoglie i 100 scatti più spettacolari del secolo. In edicola dal 5 giugno con il magazine, "Le 100 foto più belle - Immagini simbolo di questo secolo” racconta la competenza, la meraviglia e la passione dei fotografi della rivista, nonché le tante avventure dietro le loro immagini iconiche.
Siamo sempre meno connessi alla natura, ed è ormai più probabile imbattersi negli animali su schermo che dal vivo. Del resto, raccontare “Creature grandi e piccole” – questo il nome del primo capitolo del numero speciale di National Geographic Italia "Le 100 foto più belle” – è difficile, e per documentare la natura selvaggia un fotografo deve tener conto di tanti fattori. Eppure, il risultato è eccezionale: gli scatti selezionati generano una risposta emozionale che ci regala prospettive eccellenti attraverso cui guardare da vicino gli abitanti del nostro mondo. “È nostra responsabilità morale suscitare empatia nei loro confronti”, dice la photoeditor Kaya Lee Berne riferendosi alle creature ritratte, "perché solo così è possibile attuare il cambiamento”.
Allora, in che modo i fotografi di National Geographic rendono visibile ciò che è sfuggente? Usando vari metodi: pazienza, pianificazione, lavoro investigativo e giusta luce, fondamentale per un buono scatto. Ma c’è anche un altro principio: le pratiche etiche non sono mai negoziabili, e bisogna agire senza interferire con la routine quotidiana degli animali o senza causare loro danni, avvalendosi del costante sostegno dei ricercatori.
In un momento storico in cui il nostro quotidiano è sommerso dalle immagini e la notizia giornalistica mira al clickbait, ispirare curiosità nel lettore può fare la differenza; inoltre, preso atto che la manipolazione visiva è a portata del grande pubblico – complici le innovazioni connesse all’intelligenza artificiale – la qualità fotografica gioca un ruolo fondamentale, ed è la migliore garanzia che National Geographic possa offrire ai suoi lettori e al nostro Pianeta. Come specificato dalla photoeditor Anne Farrar, infatti, semplici “barlumi di luce” possono ispirare le persone e spingerle ad agire, trasmettendo l’amore per l’ambiente e per la ricerca di orizzonti lontani. Questo perché, come racconta Todd James, la fotografia deve essere usata come un linguaggio specializzato equivalente alla scrittura, che porti sempre con sé un messaggio; proprio come fanno i fotografi di National Geographic.
Ogni pagina de "Le 100 foto più belle - Immagini simbolo di questo secolo” infonde un forte desiderio di esplorazione. “L’avventura ci attende”: così incita il nome del terzo capitolo mentre racconta viaggi audaci che informano e ispirano. Senza dubbio, ogni scatto è frutto di un’accurata selezione: come specificato dalla photo editor Maura Friedman, infatti, se le visioni offerte dai nostri telefoni ci travolgono in modo sterile, quelle di National Geographic invece “devono restarti dentro”. Ecco perché le storie di spedizione pubblicate non sono mai casuali e combinano scienza, cultura e avventura.
Ma gli scatti migliori non testimoniano soltanto la vincente fine di lunghe avventure: al contrario, raccontano i faticosi momenti intermedi, quando la squadra di spedizione è esausta. Fotografare in condizioni estreme, in questo senso, richiede competenza e abilità. Lo racconta il fotoreporter Stephen Alvarez: “È importante sentirsi a proprio agio nell’ambiente che si sta fotografando: solo in questo modo ci si può concentrare sugli scatti senza limitarsi a sopravvivere”.
Da sempre, il fascino delle fotografie di National Geographic risiede nelle storie e nelle prospettive che offrono: non a caso, il quarto capitolo de "Le 100 foto più belle” regala scorci inediti di terre, culture e popolazioni, offrendo un accesso privilegiato ed eterogeneo alla storia umana.
Non a caso il magazine si è sempre impegnato a non restituire una visione monoculturale del nostro mondo: sebbene inizialmente gli autori provenissero prevalentemente da Paesi occidentali, National Geographic ha avuto il merito di coinvolgere anche collaboratori orientali, come Gombojab Tsybikov e Ovshe Muchkinovich Norzunov. Inoltre, gli scatti sono sempre frutto di un’integrazione dei fotografi con le popolazioni con cui sono stati a contatto per mesi o per anni “in un’immersione completa” che, secondo il photoeditor James Wellford, è il vero elemento distintivo del magazine.
Fra le pagine più emozionanti de “Le 100 foto più belle - Immagini simbolo di questo secolo” ci sono gli approfondimenti della rubrica tematica “Dietro l’obiettivo”, che raccontano le storie degli autori più importanti del secolo, come la durissima avventura di Robbie Shone. Era settembre 2008 quando lui e la squadra di esperti speleologi russi con cui era accampato a oltre 2.000 metri di profondità furono allertati: un’alluvione li avrebbe raggiunti di lì a breve. Per salvare un meraviglioso scatto realizzato due giorni prima – che ritraeva il capo spedizione Pavel Demidov mentre si arrampicava fuori dal punto più profondo della grotta – Shone dovette agire d’impulso, salvando le schede di memoria della sua macchina fotografica; risalì poi in superficie, travolto dalla tempesta per 16 ore.
O ancora, la fotografa Kiana Hayeri racconta come, negli ultimi caotici mesi prima che Kabul, in Afghanistan, cadesse nelle mani dei Talebani nell’agosto 2021, sperasse di fotografare una famiglia divisa da fedi politiche opposte. Da qui l’intervista e lo scatto ad Hafiza, una donna con una profonda ferita aperta sul collo, che a suo parere incarnava il paese stesso.
Scatti che, oltre la meraviglia tecnica, sono in grado di trasmettere immense emozioni.
In fondo, come specifica il fotografo Matthieu Paley, “la fotografia è una conversazione tra cuore e mente”. Per ottenere il meglio, allora, non si può far altro che lasciare che il cuore prenda il sopravvento.
“Le 100 foto più belle - Immagini simbolo di questo secolo” è in edicola dal 5 giugno con il nuovo numero di National Geographic Italia.